Metaverso per il marketing: siamo davvero pronti ad una realtà virtuale?

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Metaverso per il marketing: siamo davvero pronti ad una realtà virtuale?

Il Metaverso è ormai … realtà virtuale!Coniugare il mondo fisico con le esperienze virtuali è la nuova frontiera del web marketing.

Del resto, è Mark Zuckerberg, che ha dato vita all’”infrastruttura sociale” del secolo, ad accendere una luce importante su questo concetto di lunga fascinazione quando, nel 2021, decide di modificare il nome della sua società da Facebook Inc. a Meta.

Da questo momento in poi, la parola metaverso inizia a girare con maggiore capillarità e convinzione all’interno delle aziende, e il marketing inizia ad interrogarsi sulle potenzialità della realtà virtuale per il business.

Metaverso e realtà vituale, è davvero una novità?

Facciamo un passo indietro. Il concetto di “Metaverso” viene suggerito per la prima volta in Snow Crash di Neal Stephenson, un romanzo di fantascienza postcyberpunk, pubblicato nel 1992. Il protagonista usava un avatar per entrare in un mondo virtuale, dove faceva shopping, stringeva nuove amicizie e viveva una sorta di “second life”.

Come qualcuno ricorderà, nel 2003 la Linden Lab lanciava, non a caso, Second Life, un ambiente virtuale che, tra il 2006 e il 2007, di fatto raggiunse un grande successo e un vasto pubblico. All’epoca, infatti, in la prospettiva di una seconda vita nel mondo virtuale affascinò politici, artisti e aziende, che provarono che iniziarono ad investire in Second Life aprendo negozi e aree virtuali.

Dopo un primo successo, la stessa Linden Lab ammise che su 17 milioni di iscritti solo 400.000 erano attivi, cioè utilizzavano lo strumento. Oggi Second Life esiste ancora, ma è diventato uno spazio molto settoriale, frequentato solo da addetti ai lavori, designer, grafici.

Più in generale, la realtà virtuale è sempre stata una chimera per le big tech, che vorrebbero un universo parallelo “alla Matrix”, dove diventiamo consumatori ideali di beni e servizi. Il Metaverso sarà davvero capace di dare questa opportunità alle aziende e ai brand? Quali sono le resistenze che potrebbe incontrare?

Metaverso e “seconda vita”, ma siamo davvero disposti a vivere una realtù vituale?

Dai tempi di Second Life la realtà virtuale ha fatto passi da gigante, ed è innegabile che parte del fallimento dell’esperienza della Linden Lab fosse dovuto ad un impianto tecnologico inadeguato ad una visione sicuramente futuristica della piattaforma e del mezzo. Se all’epoca microfoni e cuffie erano ad appannaggio di pochi, oggi parliamo di una facile disponibilità e reperibilità di visori VR come l’Oculusdi Facebook, ma non solo.

Dalla collaborazione tra Ray-Ban e Luxottica sono nati gli occhiali intelligenti Wayfarer,smart glasses dotati di una videocamera invisibile interna alla montatura, che permette di inquadrare e scattare fotografie o filmare video da condividere in tempo reale sui social.

A differenza di Second Life, Meta si promette di offrire un’esperienza decisamente più spinta: essere presenti nel Metaverso come se si fosse un’altra persona, utilizzando i visori per la realtà virtuale e quelli per la realtà aumentata.

Ma la sola tecnologia sarà davvero sufficiente a farci immergere in questa realtà?

I social e la loro disponibilità sugli smartphone hanno già dimostrato che, in particolare la Generazione Z, è particolarmente disponibile ad isolarsi allo scopo di connettersi e comunicare altrove, comportamento che, agli estremi, può portare anche ad aberrazioni.

I socialnascevano per aumentare la socializzazione, ma ad oggi il grande paradosso è che tendono a farci vivere una socializzazione fuori dalla vita reale per entrare in una realtà virtuale. L’interrogativo del futuro è quanto saremo (ancora) disponibili a rinunciare ad una arte della nostra vita vissuta nella realtà e nella quotidianità, per immergerci in un mondo (solo) digitale.

Metaverso, ecco come un brand può sfruttare la reatà virtuale

Di fatto, oltre alle riflessioni di natura sociale e antropologica, il Metaverso ha fornito alcune opportunità interessanti, ad esempio alla Grande Distribuzione Organizzata e ai brand che vendono attraverso questo canale, con prospettive che riescono a conciliare bene i diversi “mondi”, quello dello spazio fisico e quello virtuale.

Carrefour, ad esempio, ha acquistato un’area virtuale su Sandbox, come già avevano fatto Warner Music e Adidas, per svolgere alcune iniziative online, come il lancio di nuovi prodotti.

Allo stesso modo, Coca Cola sta sperimentando una friendship box, cioè una collezione digitale dei suoi prodotti più rappresentativi.

In questa prima fase di “avviamento” del Metaverso è evidente che resta forte l’esigenza di ancorarsi ad uno spazio fisico. La prospettiva più verosimile è quella di una integrazione intelligente tra strumenti digitali e virtuali, che permettono l’interazione e al contempo la condivisione immediata sui social network, che rappresenta ancora il principale strumento di connessione tra le persone e tra le persone e brand.